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Sentieri narrati - Peschio dei Briganti



Non si deve andare soli in montagna, mai!!! Non si deve, ma ci sono luoghi speciali dove andare soli amplifica le sensazioni provate lungo il cammino; uno di questi è il Peschio dei Briganti. I primi raggi filtrano timidi nella canopia della faggeta che si prepara ad accogliere la stagione autunnale. Ciclamini a colorare un sottobosco umido e spoglio. Tronchi marcescenti a fare da piedistallo ai primi funghi nati dai recenti temporali pomeridiani. La ghiandaia spiona gracchia il mio arrivo con la sua voce stridula e intravedo la fuga dell'arvicola con la coda dell'occhio. Pochissimi suoni accompagnano questa ripida ascesa all'Ortica, solo qualche passero che forse poi neanche sarà un passero. Un ricordo di sentiero si stacca sulla destra, quasi dimenticato nell'inutilità post-unitaria; una flebile traccia nel fogliame solcato solamente da qualche cinghiale. Pare quasi di vederlo questo solengo, lo immagino solitario come me e incontro il suo giaciglio appena prima di un crinale roccioso pieno di rughe verticali. Solitario era anche il passo del brigante che ansioso calpestava questo sentiero ormai scomparso e si accingeva a sorvegliare "Il Prato" dall'unica e preziosa rupe sul pianoro nel versante dell'accampamento del monte Favone. Un pendio viscido mi accoglie quasi viso al suolo a respirare il terreno, ritrovando orme fresche che mi hanno preceduto sotto alcuni speroni invalicabili. In breve si riemerge dalla fatica e la vista finalmente si apre sulla valle e sulle vette tanto amate, in un quadro ammirato ormai da pochi, audaci e solitari... cinghiali, volpi, lupi, caprioli e qualche brigante.

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