E vennero i giorni del lupo, una primavera senza memoria. L'odore del bipede e dei suoi marchingegni assordanti è un ricordo sbiadito nel secco inverno appena trascorso. È scesa tardiva una neve più silenziosa del solito e il suono ovattato dell'incedere del branco si unisce al verso spaesato dei volatili nel bosco. L'acqua continua a dissetarli sgorgando gelida dal fontanile in quota. In pieno giorno poi si concedono un lusso impensabile: stesi in cresta, al pallido sole di marzo si riposano con lo sguardo alla terra dell'uomo, stranamente immobile e limpida, che si frappone tra loro e il mare. C'è incertezza, ansia ma anche speranza, tutte intrecciate intorno a quel senso di pace che collide con le loro paure ancestrali.
In quella terra stranamente limpida e immobile noi uomini cerchiamo scorci di montagne, di ricordi sbiaditi nel secco inverno appena trascorso. Tra noi c'è ansia, paura, incertezza ma anche speranza. Torneranno i giorni dell'uomo, chiuso ora in mura spesse e resistenti quanto la sua presunzione di governare il mondo. Uscirà semplicemente girando una chiave o preferirà evadere dalla sua prigione ampliando piccole crepe che l'immobilità si auspica possa aver creato nelle sue convinzioni ancestrali? Forse apprezzeremo la fragilità della primula, una gemma del faggio, e forse rispetteremo finanche il famigerato lupo. Sprecheremo questa occasione preziosa e forse ultima che ci viene concessa? Intanto aspettiamo, cercando di alimentare una luce nella nostra immobilità. Chissà, forse presto potremo scorgere il mare dalla vetta dei monti, nei giorni dei lupi e degli uomini.
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